Le entrate derivanti dalla tassa di soggiorno nel 2023 hanno raggiunto i 702 milioni di euro, registrando un incremento del 9,5% rispetto al 2022. A calcolare questi dati, basandosi su quelli forniti da Federturismo, è il Codacons, che denuncia la totale mancanza di trasparenza riguardo alla reale destinazione dei proventi.
Quali sono le città che incassano di più
Secondo i dati forniti dal Codacons, i proventi della tassa di soggiorno hanno raggiunto i 702 milioni di euro nel 2023, un incremento notevole rispetto ai 403 milioni del 2015 (un aumento del 43%) e ai soli 162 milioni del 2012 (un aumento del 77%). Attualmente, l’imposta varia da 1 a 10 euro a notte per ospite, a seconda della località e del tipo di struttura ricettiva. I comuni che applicano la tassa sono passati dagli 11 del 2011, anno di reintroduzione, ai 1.013 del 2023.
Nel dettaglio, Roma ha incassato circa 120 milioni di euro nel 2023 con una tariffa media di 5,5 euro, e si prevede che il gettito raggiunga i 180 milioni entro il 2024. Venezia ha raccolto circa 38 milioni di euro nello stesso anno, mentre Firenze ha totalizzato 72 milioni, con una previsione di 77 milioni entro la fine del 2024. L’aumento degli introiti è in parte dovuto alla crescita del turismo in Italia: il 2023 ha visto 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze, con un incremento rispetto al 2019 di 3 milioni di arrivi (+2,3%) e 14,5 milioni di presenze (+3,3%). Il trend positivo sembra proseguire anche nel 2024, con gli analisti che stimano un boom di presenze in Italia, pari a 467,2 milioni.
“Qualsiasi modifica dell’imposta – sottolinea il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – dovrà essere accompagnata dall’obbligo per i comuni di pubblicare in modo chiaro e dettagliato la destinazione effettiva dei fondi raccolti, magari tramite la creazione di una piattaforma accessibile a tutti. In caso contrario, saranno inevitabili ricorsi”. Nessuno, infatti, sa come i comuni utilizzino queste entrate, con il rischio concreto che vengano impiegate per coprire i deficit di bilancio delle amministrazioni piuttosto che per scopi turistici, come previsto dalla normativa.
Come cambia la tassa di soggiorno
Della tassa di soggiorno si è tornati a parlare in questi giorni, dopo le notizie secondo cui il Governo abbia intenzione di aumentare fino a 25 euro la tassa che i turisti devono pagare per poter pernottare in una delle strutture alberghiere italiane. Tutto questo per massimizzare i benefici dell’attuale ondata di turismo che sta stimolando l’economia italiana.
Secondo la bozza, l’imposta potrebbe essere estesa a tutti i 7.904 Comuni italiani che desiderano applicarla, superando così l’attuale limitazione ai capoluoghi, alle unioni di comuni e ai comuni turistici. Inoltre, è prevista una rimodulazione degli importi:
Fino a 5 euro per pernottamenti sotto i 100 euro;
Fino a 10 euro per stanze tra i 100 e i 400 euro;
Fino a 15 euro per sistemazioni tra i 400 e i 750 euro;
Fino a 25 euro al giorno per gli alberghi di lusso (oltre 750 euro a notte).
I proventi dell’imposta non verrebbero destinati solo agli interventi turistici, ma anche alla raccolta e smaltimento dei rifiuti. A difesa di questa misura, il ministro del Turismo, Daniela Santanché, afferma che “non tutte le tasse sono vere tasse. Quella di soggiorno, o meglio di scopo, non lo è. In tempi di sovraturismo, stiamo lavorando affinché sia un reale supporto per migliorare i servizi e per responsabilizzare i turisti che la pagano”.