Il professor Pier Camillo Parodi: «Sanità italiana apprezzata più all’estero che dai nostri concittadini»
In pochi decenni la ricerca medico-scientifica e la sanità hanno fatto passi da gigante. Ogni giorno si studiano nuovi strumenti e nuove terapie, metodi che fino a qualche anno fa erano impensabili ma che si dimostrano sempre più efficaci nel migliorare la qualità della vita delle persone. Tutto ciò però impone una riflessione. «Una specialità come la chirurgia plastica conosce da molti anni dei cambiamenti estremamente veloci» ci spiega il professor Pier Camillo Parodi, direttore della cattedra di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica dell’Università degli Studi di Udine. «È indubbio, però, che tutte le innovazioni devono essere studiate, vagliate, analizzate, per capire se mantengono l’importanza che hanno dimostrato o se poi si riadattano in uno nuovo standard dato proprio dalla comparsa dei risultati. È molto importante che chi si occupa di queste cose superi gli entusiasmi e analizzi con grande correttezza quello che poi uno opera nel corso della sua carriera».
Il lavoro italiano è molto apprezzato in ambito medico scientifico internazionale, purtroppo però molte volte nello Stivale non si ha consapevolezza di quanto esso sia importante.
«È un problema molto grosso, l’innovazione tecnologica italiana in campo medicale è efficace e veloce. La sensazione che il pubblico ha del livello della sanità italiana, e di quello che offre, è incomprensibilmente peggiore. Lei immagini che, per esempio, i nostri studenti, appena usciti dalle facoltà di medicina, vanno in giro per il mondo e vengono assunti immediatamente per la qualità e la capacità di innovazione, di comprensione delle nuove tecnologie ma anche per la qualità di quello che fanno».
Il Made in Italy quindi è un patrimonio da tutelare. Ma ha bisogno di un aiuto, da parte di tutti, affinché non venga disperso ma, anzi, sostenuto.
«Noi medici facciamo la nostra parte portando quello che noi facciamo e quello che è il risultato dell’impegno delle aziende in giro per il mondo. Probabilmente dovremmo godere di migliore stampa e di un supporto da parte delle istituzioni decisamente maggiore. Gli investimenti pubblici sulla ricerca sono molto più bassi rispetto altri paesi europei. Purtroppo è un problema di finanziamenti, essa costa ma può anche non produrre risultati. Una questione economica ma anche regolatoria, ancora oggi le norme che sono presenti possono fare da blocco agli studi».
Dall’emergenza Covid si è iniziato a discutere del sistema sanitario italiano. Grazie alla pandemia è stato introdotto il Pnrr, uno strumento che secondo molti dovrebbe aiutare economicamente e materialmente il comparto a superare le difficoltà dimostrate nei periodi più bui dell’emergenza. Come può il Pnrr aiutare a migliorare il sistema?
«Da professionista, quasi da artigiano perché noi chirurghi plastici siamo un po’ anche degli artigiani, la principale condizione che probabilmente dovrà verificarsi è il cambiamento del ruolo del medico nei meccanismi sanitari. C’è bisogno di rivedere tutto quello che è l’organizzazione sanitaria. C’è bisogno che si metta al centro il paziente e che allo stesso modo dia al medico l’opportunità tecnologica di poter seguire quelli che sono i cambiamenti tecnologici e non solo. Questo, però, presuppone una riorganizzazione degli ospedali in più step, un primo e secondo livello, perché non tutti i nosocomi possono avere le tecnologie costose. Ma tutti i cittadini devono avere diritto ad avere un’assistenza qualitativamente molto importante e quindi riferirsi agli ospedali a maggior complessità per le cose più importanti mentre per le cure di minore impatto gli ospedali regionali e provinciali possono fare molto».
Punto cruciale, quindi, anche gli strumenti che saranno messi a disposizione dei medici.
«La chirurgia plastica può essere molto complessa, dal trapianto di mano al trapianto di faccia, agli impianti. Ma può essere anche una chirurgia relativamente semplice ed è il motivo per il quale la chirurgia in Italia è così importante. L’organizzazione sanitaria presuppone il fatto che siano date le tecnologie più costose, ma anche più innovative, ai centri che poi possano fare da riferimento ma che possano anche delegare la gran parte degli interventi alle strutture più esterne in maniera tale da poter esser vicini al paziente e alla gente che ha bisogno».