07 settembre 2024 | 00.06
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Dopo giorni sull’ottovolante, sono arrivate le dimissioni. Gennaro Sangiuliano ha rinunciato alla poltrona di ministro della Cultura con una lettera alla premier Giorgia Meloni nel tardo pomeriggio, a distanza di qualche ora dal nuovo post di Maria Rosaria Boccia (“time to time…”) che annunciava altre indiscrezioni sulla vicenda nel corso dell’intervista di ieri a ‘In Onda’ su La7. “Sono fiero dei risultati raggiunti sulle politiche culturali in questi quasi due anni di governo”, ma le “mie dimissioni sono irrevocabili”, scrive l’ex direttore del Tg2 ringraziando la leader di Fratelli d’Italia “per avermi difeso”.
Nelle ultime ore, raccontano, il pressing del governo nei confronti di Sangiuliano era diventato sempre più forte. Ieri è maturata la convinzione che la situazione fosse diventata ormai insostenibile di fronte alle continue ‘rivelazioni’ dell’imprenditrice campana.
Un vero e proprio stillicidio mediatico che avrebbe finito per penalizzare la credibilità e la tenuta dell’esecutivo e della stessa presidente del Consiglio. “C’era troppa carne al fuoco, così non si poteva andare avanti”, dice a mezza bocca un big di Fratelli d’Italia e fedelissimo della Meloni, ricordando anche i timori legati ai risvolti giudiziari della questione (anche stavolta, come per il caso Delmastro-Donzelli, i riflettori sono puntati sull’esposto in Procura del leader dei Verdi Angelo Bonelli).
“Questa storia doveva finire giorni fa, bisognava assolutamente mettere la parola fine una volta per tutte e ripartire, per senso di responsabilità e per il bene dell’intera coalizione”, confida un esponente di spicco del centrodestra, preoccupato anche dalle voci su una presunta ‘regia esterna’ dietro le mosse della Boccia.
Col passare dei giorni, dopo un’iniziale difesa di Sangiuliano, Meloni si sarebbe convinta dell’opportunità politica di chiudere al più presto la vicenda, scegliendo di stringere i tempi. E alla fine è prevalso “il buonsenso e la Realpolitik”, sottolinea chi ha seguito il dossier Boccia. Da qui la decisione di non andare oggi al G7 dei Parlamenti a Verona (preferendo un video collegamento dal suo ufficio di Piazza Colonna) e di concentrarsi sulla miglior exit-strategy da adottare per Sangiuliano. Arrivata a Palazzo Chigi in mattinata, poco prima delle 17 Meloni ha lasciato la sede del governo per recarsi al Colle dove ha informato il Capo dello Stato Sergio Mattarella del passo indietro di Sangiuliano.
Il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto delle dimissioni, accettando la proposta della premier di nominare alla guida del dicastero al collegio Romano Alessandro Giuli, attuale presidente della Fondazione Maxxi.
Al termine del colloquio con Mattarella, Meloni è rientrata alla Presidenza del Consiglio per poi fare ritorno al Colle per il giuramento di Giuli alle 19. “Ringrazio sinceramente Sangiuliano, una persona capace e un uomo onesto, per lo straordinario lavoro svolto finora”, le parole di Meloni sui social, che ha assicurato: “Con Giuli proseguirà l’azione di rilancio della cultura nazionale”. In serata il neo-ministro della Cultura si è presentato a Palazzo Chigi per un colloquio con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.
Nelle stesse ore, Sangiuliano esce dal Collegio Romano ed entra nell’auto di servizio senza rilasciare dichiarazioni alle telecamere che lo attendevano fuori alla sede del Mic. “In lacrime vi abbraccio tutti” il commiato dell’ex direttore del Tg2 nella chat frequentata dai ministri del governo Meloni. Dai leader alleati di Meloni arriva poi il ringraziamento al ministro dimissionario: “Sangiuliano è stato un ottimo ministro, ha fatto una scelta che gli permette di essere libero e di difendersi e dimostrare che è una persona perbene, ha tutta la nostra amicizia e solidarietà”, dice il segretario di Forza Italia Antonio Tajani. “Un abbraccio e un ringraziamento a Gennaro Sangiuliano per questi due anni. Benvenuto e buon lavoro ad Alessandro Giuli”, il commento del numero uno leghista Matteo Salvini.
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