Il neo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, si insedia domani al dicastero e ad aspettarlo c’è già una mole di grane, più di quelle che forse si aspettava. Quella dell’organizzazione del G7 Cultura, definita in extremis dal ministro uscente ma che, come normale, necessita ora del suo via libera. E trattandosi del suo battesimo al cospetto dei colleghi di governo dei 7 Grandi, di certo non vorrà sbagliare. Ma è il dossier nomine quello che lo dovrà più impegnare: una sorta di sudoku che dovrà intrecciare indicazioni per le commissioni ministeriali e per il MAXXI, sotto gli occhi dell’opinione pubblica e del Parlamento, messi sul chi vive da una serie di indiscrezioni che collegano, con un filo rosso, l’affaire Sangiuliano-Boccia, il ministero e il Museo delle arti del XXI secolo che Giuli guidava fino a poche ore fa. Proprio sul MAXXI la transizione prevista da statuto sarebbe bloccata dai rumors che hanno messo nel mirino la candidata, Raffaella Docimo, che sarebbe pronta a fare un passo indietro. C’è innanzi tutto il caso della nomina della Commissione cinema, l’organismo ministeriale che dovrà decidere a quali film saranno meritevoli di ricevere i contributi pubblici “selettivi” del tax credit. Vale a dire la fetta più consistente dei fondi pubblici. La scelta dei componenti sarebbe stato l’ultimo atto firmato da Gennaro Sangiuliano prima di lasciare il Collegio Romano. Il decreto di nomina c’è, assicurano fonti ben informate, e sarebbe stato inviato agli organi di controllo. Un vero e proprio blitz del ministro uscente e, se non concordato con quello entrante, anche uno sgarbo istituzionale. Se Giuli volesse, tuttavia, sarebbe ancora in tempo per fermarlo anche se si tratterebbe di una procedura contro la prassi, fanno notare alcune fonti, perché in genere accade il contrario. Da indiscrezioni di stampa filtrano anche i nomi che andrebbero a comporre la Commissione: ci sarebbero Paolo Mereghetti, Valerio Caprara, Giacomo Ciammaglichella, Pier Luigi Manieri, Massimo Galimberti, Pasqualino Damiani, Valerio Toniolo, Manuela Maccaroni, Francesco Specchia, Luigi Mascheroni e Stefano Zecchi. Il fatto, neanche a dirlo, ha messo in allarme il comparto cinematografico che sperava in una interlocuzione sulla scelta dei componenti, e l’opposizione che già reclama Giuli in Parlamento a dare spiegazioni sull’accaduto. Ma non finisce qui: al ministero si è aperta anche la grana Beatrice Venezi, la direttrice d’orchestra e consulente per la musica scelta da Sangiuliano e finita nel mirino di Maria Rosaria Boccia che ha criticato la sua nomina sostenendo che sia in conflitto di interessi. Una attacco che costerà all’imprenditrice campana un probabile denuncia: Venezi annuncia infatti di aver “dato incarico ai legali per valutare ogni azione a tutela della mia reputazione professionale”. L’arrivo di Giuli al Collegio Romano lascia inoltre scoperta un’altra casella che spetterà a lui, che l’ha appena lasciata, sostituire: si tratta della presidenza della Fondazione Maxxi, incarico che viene deciso dal ministro della Cultura. Da Statuto, la vacatio dovrebbe essere coperta dal componente più anziano del cda. Ma proprio questa circostanza ha acceso i riflettori sul nome della consigliera più anziana. Si tratta di Raffaella Docimo, area Fratelli d’Italia, titolare della cattedra di Odontoiatria pediatrica a Tor Vergata e, ironia della sorte, tramite attraverso il quale l’ex ministro della Cultura e Maria Rosaria Boccia si sarebbero conosciuti (una sua iniziativa elettorale). Se l’odontoiatra – come sembra – dovesse fare un passo indietro, potrebbe salire in pole il nome di Emanuela Bruni, altra consigliera della Fondazione. Oppure Giuli potrebbe decidere di accelerare sul ricambio, per il quale, sempre indiscrezioni, prospettano un ventaglio di papabili: da Vittorio Sgarbi a Umberto Croppi, da Marina Valensise a Luca Beatrice. O addirittura a Giampaolo Rossi, in realtà in predicato per la poltrona da amministratore delegato Rai.
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