Il Comitato di difesa commerciale europeo ha approvato i dazi alle auto elettriche cinesi, imponendo quindi ufficialmente tariffe tra il 17% e il 35% alle importazioni di veicoli a batteria da Pechino. Decisiva la scelta della Commissione di procedere nonostante un numero molto alto di astensioni e l’opposizione della Germania. L’Italia avrebbe invece votato a favore.
Questi dazi sono stati pensati per proteggere il mercato delle auto elettriche europeo da quella che l’Ue ha definito un’operazione di dumping da parte della Cina. Pechino ha risposto alzando a sua volta le tariffe su alcuni beni di importazione europea, soprattutto alimentari, e facendo appello all’Organizzazione mondiale del commercio contro la decisione dell’Ue.
Il voto sui dazi alle auto elettriche cinesi
Nella mattinata di venerdì 4 ottobre il Comitato di difesa commerciale dell’Unione europea ha votato a Bruxelles sulla proposta della Commissione di imporre pesanti dazi commerciali sulle automobili elettriche cinesi. Si trattava di un voto decisivo che i 27 Paesi dell’Unione, rappresentati nel Comitato, potevano approvare solo con una maggioranza qualificata di 15 membri che rappresentassero almeno il 65% della popolazione del blocco.
Il risultato non è stato decisivo.
10 Stati, tra cui l’Italia, hanno votato a favore;
5 Stati, tra cui la Germania, hanno votato contro;
12 Stati hanno deciso di astenersi.
Nessuna maggioranza quindi, né a favore né contro, con una forte tendenza però verso l’approvazione. In questa situazione i trattati che regolano il Comitato di difesa commerciale prevedono che la Commissione possa superare lo stallo e procedere con la sua iniziativa e così è stato. Tra i Paesi a votare contro c’è anche l’Ungheria, mentre a favore si sono espressi sia Francia sia Paesi Bassi.
I dazi non saranno uguali per tutti. Alcune aziende che hanno collaborato con l’indagine della Commissione che ha portato all’imposizione di queste tariffe otterranno infatti un significativo sconto.
BYD, la più grande azienda cinese produttrice di auto elettriche, si vedrà imporre dazi del 17%
Geely del 18,8%
Altri produttori che hanno collaborato 20,7%
Tutti coloro che non hanno collaborato 35,3%
Questi dazi entreranno in vigore da novembre e andranno ad aggiungersi al 10% sull’importazione che era già previsto. Un’auto elettrica cinese quindi potrebbe costare dal prossimo mese fino a quasi il 50% in più del prezzo a cui viene venduta in patria. Non si tratta però soltanto di una mossa protezionistica, ma di una ritorsione verso quella che l’Ue ritiene essere una pratica commerciale scorretta da parte della Cina: il dumping.
Perché l’Ue ha deciso di imporre dazi alla Cina
Che la Cina abbia un piano per riprendere il suo ruolo di fabbrica del mondo utilizzando la transizione ecologica è palese. Negli ultimi anni Pechino ha spinto per un aumento molto rapido della produzione di automobili a batteria, pannelli solari e pale eoliche, sfruttando anche il controllo quasi totale che il Paese ha sull’estrazione e sulla lavorazione di alcuni materiali fondamentali per la costruzione di queste tecnologie, tra cui le terre rare.
La Commissione europea ha però ravvisato in questa politica un esempio della pratica commerciale scorretta detta dumping. La Cina, tramite ingenti investimenti pubblici, avrebbe permesso alle proprie aziende di produrre moltissime auto elettriche di fatto in perdita o con minimi margini di guadagno, per poi spingere per la loro esportazione verso l’Europa e gli Usa. L’obiettivo sarebbe stato quello di lanciare sul mercato un alto numero di prodotti a basso prezzo con cui le aziende europee non potevano competere.
In questo modo la Cina avrebbe mandato in crisi il sistema produttivo del settore automobilistico europeo, già sotto stress a causa delle tappe forzate imposte dalla Commissione sulla transizione energetica. Non è certo che queste fossero le intenzioni di Pechino, ma in tal caso il piano avrebbe già dato i suoi frutti, date le recenti performance di Volkswagen e Stellantis, i due più grandi gruppi europei del settore dell’automotive.
Gli Usa hanno reagito immediatamente alla strategia cinese, anche a causa della guerra commerciale in corso, proteggendo la propria economia con tariffe altissime sulle importazioni di auto elettriche dalla Cina. L’Europa è stata più lenta a reagire ma ora sembra essersi adeguata alla linea americana. Le aziende Cinesi non sembrano però aver perso le speranze. BYD ha recentemente acquistato la sua prima nave cargo per auto di proprietà proprio per la rotta che porta i suoi prodotti fino in Europa e ha in cantiere altri progetti di questo tipo.
Perché l’Italia ha approvato i dazi mentre la Germania si è opposta
Italia e Germania si trovano in una situazione simile per quanto riguarda il mercato delle automobili. I due gruppi europei più importanti del settore, Stellantis e Volkswagen, hanno un ruolo importantissimo all’interno dell’economia dei due Paesi oltre che a un forte legame storico con il territorio. Entrambi sono però in crisi e non sembrano riuscire ad adattarsi al cambiamento imposto dalla transizione energetica. Nonostante questo, i due governi hanno deciso di votare in maniera opposta sui dazi alle auto cinesi.
L’Italia ha infatti approvato la decisione della Commissione europea mentre la Germania l’ha rifiutata. La ragione sta nei legami che i due Paesi e le relative economie hanno con la Cina. L’Italia esporta ogni anno 20 miliardi di euro in beni verso Pechino, soprattutto prodotti farmaceutici, macchinari e apparecchiature per l’industria. La Germania fino a pochi anni fa superava i 100 miliardi di euro di esportazioni verso la Cina, fermandosi a 97 miliardi nel 2023.
Una frenata che, assieme allo stop delle forniture di gas a basso prezzo dalla Russia e proprio alla crisi del settore automobilistico, ha bloccato l’economia tedesca portandola all’attuale stato di stagnazione. La principale paura del governo tedesco guidato dal cancelliere Olaf Scholz è che la Cina possa rispondere all’approvazione ufficiale di questi dazi con altre tariffe proprio sulle esportazioni tedesche nel Paese. Questo potrebbe compromettere ulteriormente la situazione dell’economia della Germania, che sta rischiando di entrare in recessione dopo due trimestri consecutivi di calo del Pil, anche se molto ridotto.
L’Italia al contrario ha valutato che un miglioramento del mercato delle auto elettriche in Europa sia conveniente per il Paese, dove Stellantis produce le 500 e presso lo stabilimento di Mirafiori, anche in caso di una ritorsione cinese sulle sue esportazioni.